Effetti della respirazione di aria con ossigeno concentrato
Come i conoscitori del metodo Buteyko sanno bene (e sull’argomento mi soffermo a lungo nel mio libro “Attacco all’Asma.. e non solo”), è di scarsa se non di nessuna utilità cercare di far aumentare la quantità di ossigeno che raggiunge la destinazione finale (le cellule del cuore, cervello e vari tessuti) introducendo una maggiore quantità di aria/ossigeno nei polmoni.
Vediamo a questo proposito quanto emerso in una recente revisione sistematica Cochrane di alcuni studi riguardanti pazienti vittime di un attacco cardiaco, ai quali viene spesso fatto inalare ossigeno puro, per cercare di migliorare rapidamente l’ossigenazione del cuore. In questo studio sono stati esaminati i risultati di 3 sperimentazioni per vedere l’effetto di questa pratica. Sono stati presi in esame da una parte dei pazienti ai quali, nelle 24 ore dopo un attacco cardiaco era stato fatto respirare ossigeno puro al 100%, e dall’altra invece pazienti che per le 24 ore dopo l’attacco avevano respirato aria normale (con un contenuto quindi di O2 pari al 20% circa). Ebbene, in questi due gruppi di pazienti, per un totale di 387 persone, vi sono stati in tutto 14 decessi, ma il fatto che ha sorpreso è stato che il numero di decessi, nel gruppo che aveva ricevuto O2 al 100%, è stato pari al triplo rispetto al gruppo che aveva respirato aria normale con O2 al 20%.
I ricercatori hanno tuttavia osservato che anche se questi risultati sembrano indicare che far respirare più ossigeno possa fare più male che bene, il numeri di pazienti esaminati nello studio, come osservato giustamente dalla Dr .Amanda Burls del Department of Primary Health Care dell’ Università di Oxford, è così esiguo che non possono esserne tratte indicazioni conclusive. Tuttavia, come osservato da un altro dei ricercatori, il Prof Tom Quinn, dell’ Università di Surrey- è importante risolvere al più presto questa incertezza, “dato il fatto che si tratta di una pratica così diffusa, è necessario un trial su larga scala per essere sicuri che somministrare O2 concentrato non sia dannoso”, ed un altro membro del team di ricercatori, il Dr. Juan Cabello dell’ospedale universitario di Alicante, Spagna, ha aggiunto: “è veramente stupefacente come noi, cardiologhi, abbiamo sempre usato questo trattamento pur in assenza di solide evidenze”. Non si può che dar ragione al Dr. Cabello; forse, visti i risultati della somministrazione di un po’ di anidride carbonica (CO2) in casi di emergenze di vario tipo (ved. ad es. quanto ho riportato sull’argomento nel Notiziario del marzo 2010), i risultati sarebbero migliori se all’O2 in concentrazione superiore a quella dell’aria si aggiungesse in questi casi un po’ di CO2.
In questo modo la CO2 consentirebbe all’O2 di raggiungere in maggiore quantità i tessuti del cuore, affamato di quell’ ossigeno che non viene rilasciato dal sangue in quantità sufficiente quando non vi è abbastanza CO2.

Ossigeno ed alta montagna
Nella stessa direzione, e cioè quella di una scarsa utilità della presenza di maggiori concentrazioni di ossigeno nell’aria inalata, sembra indicare anche un articolo apparso su Science Daily (Mar. 26, 2011), in cui si osserva che in uno degli studi su più larga scala mai effettuati sull’argomento, dei ricercatori della University of Colorado School of Medicine, insieme alla Harvard School of Global Health hanno accertato che le persone che vivono ad altitudini elevate, in cui vi è pertanto meno ossigeno, hanno meno probabilità di morire di problemi di cuore e tendono a vivere più a lungo; (ciò ovviamente purchè queste persone non soffrano di malattie respiratorie perchè in questo caso l’effetto della minore quantità di ossigeno sarebbe negativo) Come affermato da Benjamin Honigman, professore di medicina d’emergenza all’Università del Colorado : “livelli bassi di ossigenon attivano certi geni che, a quanto riteniamo, possono migliorare la funzione del muscoli cardiaco e possono anche far nascere nuovi vasi sanguigni, creando nuovi passaggi per il sangue verso il cuore” .
Il Colorado è lo Stato americano situato all’altitudine più elevata ed è anche lo Stato in cui gli abitanti sono più snelli, in forma, e con il minor numero di decessi per problemi cardiaci e tumori del colon e dei polmoni.
Come affermato da Honigman: “Vogliamo ora capire i meccanismi dietro l’ipossia (scarsa presenza di O2) ed i motivi del suo effetto sull’organismo”
Indubbiamente vi è ancora molto da ricercare sul respiro e l’ossigenazione!

Apparecchi per migliorare l’ossigenazione
Non mi riferisco qui ovviamente ad apparecchi diretti ad incrementare e concentrare la percentuale di ossigeno nell’aria inspirata poiché, come i lettori di questo Notiziari già sanno, (e ved.sopra) non serve aumentare la quantità di O2 che va ai polmoni per far aumentare anche la quantità di O2 che passa al sangue e poi dal sangue ai vari tessuti (l’argomento è esaminato a fondo nel mio libro “Attacco all’Asma.. e non solo”). Mi riferisco invece a degli apparecchi che facilitano il passaggio dell’O2 nella sua tappa finale, dal sangue ai tessuti, dando un aiuto supplementare alla loro ossigenazione. Due di questi apparecchi danno risultati abbastanza buoni: mi riferisco al “Bol d’air” del Dr. Jacquier (di cui si parlava anche nel primo libro su Buteyko uscito in italiano, 10 anni fa, “Attacco all’Asma” di Rosa M. Chicco) ed all’apparecchio “Airnergy”, di studio e fabbricazione tedesca.
Questi due apparecchi, facendo passare l’aria attraverso alcuni oli essenziali, e tramite impulsi elettronici ed altri, trasformano l’O2 in O, e cioè in ossigeno nascente, che si distacca più facilmente dall’emoglobina, per raggiungere i vari tessuti. Anch’io ho questi due apparecchi nei miei studi medici e li uso spesso per ottenere, quando necessario, una ossigenazione supplementare.
La parte fondamentale del discorso è tuttavia nel termine “supplementare”: questi apparecchi infatti (a parte il costo di varie migliaia di euro che non li rende facilmente accessibili a tutti), aiutano l’ossigenazione appunto in modo supplementare e non “fondamentale”. Il “fondamento” della buona ossigenazione dei tessuti consiste infatti nella buona assimilazione dell’O2, e cioè dell’ossigeno nella sua forma normale, quale presente nell’atmosfera ed emesso anche dalle piante. Trasformare una parte di questo O2 in O semplice per farlo andare più facilmente ai tessuti non risolve il problema fondamentale dello scarso passaggio del normale O2 verso i tessuti. Per risolvere questo problema è necessario normalizzare la respirazione eliminando l’iperventilazione, mantenendo così una quantità di CO2 sufficiente per fare distaccare l’O2 dall’emoglobina e farlo passare nei tessuti. Quando questo passaggio funziona bene, l’ossigeno nascente prodotto dagli apparecchi può dare un ulteriore potenziamento alla ripresa della buona ossigenazione dei tessuti ma non è sufficiente ad assicurarla se la normale respirazione senza apparecchi non funziona bene 24 ore su 24.
Questi apparecchi non producono inoltre alcun effetto sulla CO2 ed è noto che la CO2, a parte il suo effetto consistente nel facilitare il passaggio dell’O2 ai tessuti, produce “in proprio” anche altri effetti benefici (spasmolitici, vasodilatatori, antiinfiammatori ed altro, provati da numerosissimi studi medici elencati anche nel mio libro). Non posso quindi che concludere che per ossigenarsi bene è indispensabile respirare costantemente “bene”: apparecchi e sostanze varie possono dare un aiuto supplemntare che però da solo non è sufficiente.
E concludo augurando a tutti una Buona Pasqua!

 

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