Fitoterapia È innanzitutto necessario sfatare una credenza, largamente diffusa, in base alla quale la fitoterapia sarebbe una forma di cura tanto innocua quanto poco efficace, e quindi da riservare a piccoli problemini.

Bisogna invece chiarire che si tratta di una terapia che non solo può in certi casi dare risultati analoghi a quelli dei preparati chimici ma che, se male impiegata, può anche provocare danni alla salute.

È quindi da sconsigliare il “fai da te” in questo campo, anche se vi sono alcuni preparati a base di piante del tutto innocui e da sempre usati nell’alimentazione.

Come osserva la Società italiana di Fitoterapia (www.sifit.org) i farmaci vegetali possiedono delle caratteristiche terapeutiche proprie che derivano sia dalla contemporanea presenza di composti con attività biologiche individuali distinte, sia da interazioni che possono avvenire fra questi composti; il risultato è che il fitocomplesso esercita un’azione farmacologica che è diversa da quella di ciascuno dei singoli composti che lo costituiscono.

Così ad esempio la vitamina C, contenuta in un’arancia, accompagnata da bioflavonoidi e da altre sostanze forse nemmeno ancora conosciute, ha un’azione migliore di quella dell’acido ascorbico (vitamina C sintetica) preso da solo.

Le preparazioni a base di piante hanno preceduto, nella storia della medicina, i farmaci monomolecolari moderni, ma, al pari di questi, agiscono con meccanismi di interferenza nei processi biochimici dell’organismo prevenendo o riparando le anomalie che portano alle malattie.

I meccanismi dell’azione farmacologica e la potenza di tale azione vengono studiati e dimostrati nelle sostanze attive vegetali ricorrendo ai metodi sperimentali adottati anche nel caso dei farmaci monomolecolari.

Di conseguenza, la fitoterapia è una branca della medicina basata sulla scienza e non una medicina alternativa basata su concetti filosofici estranei alla scienza.

La tipologia dei farmaci che al giorno d’oggi sono a disposizione della medicina è molto variegata, con estremi costituiti da farmaci il cui impiego in determinate malattie è indispensabile per salvare la vita e da farmaci che servono per eliminare alcuni sintomi più fastidiosi che pericolosi.

Esistono quindi farmaci vegetali che possono essere impiegati per la cura di malattie importanti ed esistono farmaci vegetali che sono solo sintomatici o palliativi.

I farmaci vegetali possono rivelarsi particolarmente utili per il trattamento di disturbi cronici che sarebbe inopportuno aggredire con terapie più pesanti.

Per esempio, il fagiolo comune (Faseolus vulgaris) produce 17-b-estradiolo, l’ormone ad attività estrogenica delle femmine dei mammiferi, mentre varie specie di pino producono testosterone, l’ormone sessuale maschile.

Esiste la possibilità che metaboliti secondari prodotti dalle piante con lo scopo di difendersi dagli attacchi di microorganismi patogeni, batteri, funghi e virus, esercitino, se ingeriti dagli animali, anche in questi un’azione protettiva contro tali agenti.

In effetti, molte classi dei farmaci che attualmente utilizziamo sono ricavate da piante.

Per esempio, l’acido acetilsalicilico (Aspirina) deriva dal salice, la digossina (Lanoxina) è il principio attivo della digitale e la meflochina (Lariama) deriva dalla chinina dell’albero della febbre (Cinchona officinalis).

Oltre alle classi degli antiinfiammatori non steroidei, dei glicosidi cardioattivi e degli antimalarici chinolinici cui si riferiscono questi esempi, altre classi di farmaci, come per esempio quelle degli antiaritmici, dei bloccanti neuromuscolari, degli analgesici-narcotici, degli anestetici locali e, soprattutto, degli antitumorali derivano da principi attivi vegetali.

Resta da aggiungere che ho finora raccolto particolare esperienza nel trattamento fitoterapico, preventivo e di supporto, anche con piante usate dalla medicina indiana dell’ayurveda del:
diabete di tipo II , contro il quale possono essere utili, tra gli altri rimedi, la cannella, la pianta indiana momordica charantia, ed un cactus messicano;
tumori (e qui ripeto con particolare enfasi l’inciso sopra riportato: “trattamento preventivo e di supporto”) in cui, oltre alle terapie alternative riportate nelle mie altre pagine, anche alcune piante ancora poco conosciute (altre invece, come il vischio, sono da tempo impiegate nella medicina antroposofica con il preparato “Iscador”), possono dare un aiuto prezioso.

Mi riferisco in particolare al preparato “Ukrain”, scoperto dal medico ucraino Nowicky, che ho recentemente visitato a Vienna, dove vive e lavora da molti anni, e ad alcune piante della foresta amazzonica raccolte ed elaborate con un procedimento particolare in un preparato ungherese studiato e sperimentato da molti anni.

Un ultimo accenno a due piante da sempre usate nell’alimentazione, utili per problemi di circolazione e di infiammazione cronica.

Si tratta del pepe di cayenna, per dilatare i vasi e a far passare il sangue anche nei capillari più ristretti, per le infiammazioni.

Il problema, in caso di difficoltà di circolazione, è che le medicine, anche quelle a base di piante, non raggiungono – perché non vi sono portate dalla circolazione sanguigna che non le irrora bene – proprio le zone che ne avrebbero più bisogno; se le medicine vengono prese insieme ad un po’ di pepe di cayenna sciolto nell’acqua, queste sostanze riescono a raggiungere meglio queste zone in cui la circolazione è problematica.